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Giuseppe Nuvolone
San Girolamo e l'angelo
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Il Ponte
Arredi, Dipinti Antichi, Argenti, Tappeti e Tessuti, Historica e Strumenti Musicali, Lot 425
24. OCT - 26. OCT 2018
Arredi, Dipinti Antichi, Argenti, Tappeti e Tessuti, Historica e Strumenti Musicali, Lot 425
24. OCT - 26. OCT 2018
Estimate: 20.000 - 22.000 EUR
Price realised: not available
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Description
Olio su tela cm 130x100
In cornice in legno intagliato e dorato (difetti)
Si ringraziano Filippo Maria Ferro, Alessandro Morandotti e Maria Silvia Proni per aver confermato individualmente l’attribuzione a Giuseppe Nuvolone.
Il dipinto rappresenta San Girolamo, seminudo, con un drappo rosso nella parte inferiore del corpo mentre si percuote il petto con la pietra, affiancato dal leone (al quale tolse la spina) e volge lo sguardo a destra, verso l’Angelo del Giudizio. Questi apparve al Santo suonando il corno mentre egli stava traducendo la Bibbia dall’ebraico al latino ovvero la Vulgata che è rappresentata alla sua sinistra, considerato l’unico testo riconosciuto dalla Chiesa Cattolica in epoca Controriformistica. Girolamo è appunto il patrono dei traduttori (ma anche dei Bibliotecari, degli Archeologi e degli studiosi in genere). Il tema è tratto da una lettera di Gerolamo nella quale il santo racconta delle frequenti apparizioni in tebaide dell’angelo che lo ammonisce a essere più ‘cristiano’. La rappresentazione di questo episodio particolare rimanda quindi alla lotta, perenne tra umano e divino, forma e contenuto.
I prototipi iconografici sono reperibili in Jusepe de Ribera, Guercino, ma è comunque un tema largamente trattato nel corso del Seicento. Il padre di Giuseppe, Panfilo Nuvolone eseguì un San Girolamo e l’Angelo per la chiesa di San Nazaro in Brolo a Milano. Così come Giuseppe lo realizzò per San Sisto a Piacenza e lo studio preparatorio del Santo è conservato a Milano (Milano, Pinacoteca Ambrosiana F 235, N. 1121).
Giuseppe come è noto collaborò con Carlo Francesco dal 1646 (con la sua prima opera firmata) fino alla morte del fratello maggiore avvenuta nel 1661. L’opera in oggetto dovrebbe proprio essere di mano prevalente di Giuseppe. Infatti la figura principale, dallo sguardo intenso e languido (1) dal volto fortemente realistico (2), è modellata in saldi volumi scultorei. L’angelo ripropone un modello fisionomico già riscontrato in altre opere di Giuseppe come nell’angelo di destra nell’opera S. Virgilio martire in gloria e due angeli, (Londrino, S. Virgilio) (3) o in uno dei bimbi della Carità, (Milano ubicazione ignota) (4). Pur rifacendosi all’insegnamento di artisti del primo Seicento come Francesco Cairo, l’opera sembra rappresentare quella pienezza formale e quel tono solenne della piena maturità di Giuseppe ed è databile agli anni Settanta del Seicento quando il pittore nella sua maturità artistica, aderì pienamente agli stilemi barocchi (5).
1. I confronti sono con il San Giovanni Evangelista di collezione privata pubblicato da F. M. Ferro, Postille a Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone, fig. 14 p. 37 in: “Piacenza terra di frontiera: pittori lombardi e liguri del Seicento”, Piacenza 2010.
2. Realtà secondo le parole di Mina Gregori in Giuseppe Nuvolone pittore della realtà, in “Paragone”, 56, 2005, Ser. 3, 59, pp. 78-79.
3. Si veda F. M. Ferro, Nuvolone una famiglia di pittori nella Milano del ‘600, Soncino 2003, p. 459, fig. 141d.
4. In ibidem p. 373, fig. 55.
In cornice in legno intagliato e dorato (difetti)
Si ringraziano Filippo Maria Ferro, Alessandro Morandotti e Maria Silvia Proni per aver confermato individualmente l’attribuzione a Giuseppe Nuvolone.
Il dipinto rappresenta San Girolamo, seminudo, con un drappo rosso nella parte inferiore del corpo mentre si percuote il petto con la pietra, affiancato dal leone (al quale tolse la spina) e volge lo sguardo a destra, verso l’Angelo del Giudizio. Questi apparve al Santo suonando il corno mentre egli stava traducendo la Bibbia dall’ebraico al latino ovvero la Vulgata che è rappresentata alla sua sinistra, considerato l’unico testo riconosciuto dalla Chiesa Cattolica in epoca Controriformistica. Girolamo è appunto il patrono dei traduttori (ma anche dei Bibliotecari, degli Archeologi e degli studiosi in genere). Il tema è tratto da una lettera di Gerolamo nella quale il santo racconta delle frequenti apparizioni in tebaide dell’angelo che lo ammonisce a essere più ‘cristiano’. La rappresentazione di questo episodio particolare rimanda quindi alla lotta, perenne tra umano e divino, forma e contenuto.
I prototipi iconografici sono reperibili in Jusepe de Ribera, Guercino, ma è comunque un tema largamente trattato nel corso del Seicento. Il padre di Giuseppe, Panfilo Nuvolone eseguì un San Girolamo e l’Angelo per la chiesa di San Nazaro in Brolo a Milano. Così come Giuseppe lo realizzò per San Sisto a Piacenza e lo studio preparatorio del Santo è conservato a Milano (Milano, Pinacoteca Ambrosiana F 235, N. 1121).
Giuseppe come è noto collaborò con Carlo Francesco dal 1646 (con la sua prima opera firmata) fino alla morte del fratello maggiore avvenuta nel 1661. L’opera in oggetto dovrebbe proprio essere di mano prevalente di Giuseppe. Infatti la figura principale, dallo sguardo intenso e languido (1) dal volto fortemente realistico (2), è modellata in saldi volumi scultorei. L’angelo ripropone un modello fisionomico già riscontrato in altre opere di Giuseppe come nell’angelo di destra nell’opera S. Virgilio martire in gloria e due angeli, (Londrino, S. Virgilio) (3) o in uno dei bimbi della Carità, (Milano ubicazione ignota) (4). Pur rifacendosi all’insegnamento di artisti del primo Seicento come Francesco Cairo, l’opera sembra rappresentare quella pienezza formale e quel tono solenne della piena maturità di Giuseppe ed è databile agli anni Settanta del Seicento quando il pittore nella sua maturità artistica, aderì pienamente agli stilemi barocchi (5).
1. I confronti sono con il San Giovanni Evangelista di collezione privata pubblicato da F. M. Ferro, Postille a Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone, fig. 14 p. 37 in: “Piacenza terra di frontiera: pittori lombardi e liguri del Seicento”, Piacenza 2010.
2. Realtà secondo le parole di Mina Gregori in Giuseppe Nuvolone pittore della realtà, in “Paragone”, 56, 2005, Ser. 3, 59, pp. 78-79.
3. Si veda F. M. Ferro, Nuvolone una famiglia di pittori nella Milano del ‘600, Soncino 2003, p. 459, fig. 141d.
4. In ibidem p. 373, fig. 55.