Carlo Francesco Nuvolone
Figura femminile
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Il Ponte
Arredi, Dipinti Antichi, Argenti, Tappeti e Tessuti, Historica e Strumenti Musicali, Lot 417
24. OCT - 26. OCT 2018
Arredi, Dipinti Antichi, Argenti, Tappeti e Tessuti, Historica e Strumenti Musicali, Lot 417
24. OCT - 26. OCT 2018
Estimate: 7.500 - 8.000 EUR
Price realised: not available
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Description
Olio su tela cm 88x69
In cornice del secolo XIX (difetti)
Bibliografia: inedito
Spesso gli artisti propongono, per l’intero arco di attività, un prototipo femminile di poco variato, come se il tempo non avesse potere sulla modella prescelta, ritratta all’occorrenza in vesti differenti, ma sempre giovane, sensuale, accattivante. Propensione che diventa di grande rilevanza nell’operare dei due fratelli Nuvolone, Carlo Francesco e Giuseppe (San Gimignano, 1619 - Milano, 1703) considerando che, entrambi, utilizzano, quale protagonista delle proprie tele, la stessa giovane donna dalle caratteristiche inconfondibili: forme generose, collo importante, corto naso delicato, grandi occhi espressivi, lunghi capelli morbidi ma, soprattutto, una piccola bocca dal particolare labbro superiore.
A partire dalle prime Madonne eseguite intorno al 1630 da Carlo Francesco, la modella si ritrova, a distanza di più di vent’anni, in affreschi sulle pareti delle cappelle dei Sacri Monti di Varese e di Orta, dopo essere stata, variando appena il colore della folta capigliatura, Maddalena, Ester, Sofonisba, Santa Cecilia, Sant’Agata, e qualunque personaggio l’artista le imponesse di rappresentare. E ancora, docile, la donna si offre al pennello di Giuseppe quando questi, titolare della bottega dopo la morte del fratello maggiore, quasi un omaggio a Carlo Francesco, la dipingerà con metodica insistenza nei suoi quadri preservando intatta, per decenni, la sua armoniosa bellezza.
Ed è lei, indiscutibilmente, la protagonista della composizione in esame, da attribuirsi a Carlo Francesco Nuvolone per riscontri stilistici e per confronti con opere note (1). Infatti qualificano la mano del maggiore dei Nuvolone sia la resa dell’incarnato che, nonostante alcune lacune conservative della tela, mostra una delicatissima intonazione madreperlacea che scurisce al collo per accendersi animando le gote della giovane, che le lumeggiature del tessuto della gonfia manica risolta con l’abituale eleganza formale che accosta colori apparentemente stridenti, il cupo rosa carico della manica (2) allo squillante turchese del corsetto e al giallo ocra del gonfio mantello in un risultato di raffinata ricercatezza cromatica.
La postura della giovane donna, le mani al petto, il capo volto verso l’angolo superiore della tela, ritorna nella Santa con libro visitata da un angioletto di collezione privata (3) e, variata, nella Didone abbandonata di collezione privata (4), in quest’ultima tela la protagonista afferra un lembo del mantello accartocciato, stringendolo al corpo, gesto condiviso dalla giovane donna tratteggiata nella nostra scena.
Stabilire il ruolo della protagonista del quadro in questione non è agevole mancando attributi determinanti che abitualmente qualificano eroine, personaggi biblici o Sante e, pur, mantenendo, un generico e prudente riferimento come Figura femminile, l’identità della postura con la sopracitata Didone, potrebbe qualificare la nostra protagonista come la sfortunata regina di Cartagine che, abbandonata da Enea, stringe al petto il mantello del perduto amore.
L’intimismo, la soffusa sensualità che il quadro offre sono segno distintivo della raggiunta maturità di Carlo Francesco Nuvolone e della sua totalmente lombarda adesione al mondo barocco.
Maria Silvia Proni
In cornice del secolo XIX (difetti)
Bibliografia: inedito
Spesso gli artisti propongono, per l’intero arco di attività, un prototipo femminile di poco variato, come se il tempo non avesse potere sulla modella prescelta, ritratta all’occorrenza in vesti differenti, ma sempre giovane, sensuale, accattivante. Propensione che diventa di grande rilevanza nell’operare dei due fratelli Nuvolone, Carlo Francesco e Giuseppe (San Gimignano, 1619 - Milano, 1703) considerando che, entrambi, utilizzano, quale protagonista delle proprie tele, la stessa giovane donna dalle caratteristiche inconfondibili: forme generose, collo importante, corto naso delicato, grandi occhi espressivi, lunghi capelli morbidi ma, soprattutto, una piccola bocca dal particolare labbro superiore.
A partire dalle prime Madonne eseguite intorno al 1630 da Carlo Francesco, la modella si ritrova, a distanza di più di vent’anni, in affreschi sulle pareti delle cappelle dei Sacri Monti di Varese e di Orta, dopo essere stata, variando appena il colore della folta capigliatura, Maddalena, Ester, Sofonisba, Santa Cecilia, Sant’Agata, e qualunque personaggio l’artista le imponesse di rappresentare. E ancora, docile, la donna si offre al pennello di Giuseppe quando questi, titolare della bottega dopo la morte del fratello maggiore, quasi un omaggio a Carlo Francesco, la dipingerà con metodica insistenza nei suoi quadri preservando intatta, per decenni, la sua armoniosa bellezza.
Ed è lei, indiscutibilmente, la protagonista della composizione in esame, da attribuirsi a Carlo Francesco Nuvolone per riscontri stilistici e per confronti con opere note (1). Infatti qualificano la mano del maggiore dei Nuvolone sia la resa dell’incarnato che, nonostante alcune lacune conservative della tela, mostra una delicatissima intonazione madreperlacea che scurisce al collo per accendersi animando le gote della giovane, che le lumeggiature del tessuto della gonfia manica risolta con l’abituale eleganza formale che accosta colori apparentemente stridenti, il cupo rosa carico della manica (2) allo squillante turchese del corsetto e al giallo ocra del gonfio mantello in un risultato di raffinata ricercatezza cromatica.
La postura della giovane donna, le mani al petto, il capo volto verso l’angolo superiore della tela, ritorna nella Santa con libro visitata da un angioletto di collezione privata (3) e, variata, nella Didone abbandonata di collezione privata (4), in quest’ultima tela la protagonista afferra un lembo del mantello accartocciato, stringendolo al corpo, gesto condiviso dalla giovane donna tratteggiata nella nostra scena.
Stabilire il ruolo della protagonista del quadro in questione non è agevole mancando attributi determinanti che abitualmente qualificano eroine, personaggi biblici o Sante e, pur, mantenendo, un generico e prudente riferimento come Figura femminile, l’identità della postura con la sopracitata Didone, potrebbe qualificare la nostra protagonista come la sfortunata regina di Cartagine che, abbandonata da Enea, stringe al petto il mantello del perduto amore.
L’intimismo, la soffusa sensualità che il quadro offre sono segno distintivo della raggiunta maturità di Carlo Francesco Nuvolone e della sua totalmente lombarda adesione al mondo barocco.
Maria Silvia Proni